domenica 3 gennaio 2016

Un piccolo Hortus conclusus a Cingoli

Un piccolo Hortus conclusus a Cingoli


Il piccolo Hortus Conclusus


Sono molto legata a questo piccolo e meraviglioso giardino. E’ uno degli angoli più suggestivi della casa dei miei suoceri Fiorella e Guido. Quando li vado a trovare, non c’è una volta che non vi scenda o che con il naso schiacciato alla finestra, non rimanga per un po’ a godermi la deliziosa vista. Il giardino è dominato da un tasso quasi centenario e da due glicini. Credo che queste piante vivano qui da sempre, o per lo meno, da quando Donatello Stefanucci nel 1926 lo progettò, per goderselo dalla finestra del suo studio da artista. Non immaginatevi una finestrella monacale, ma una bifora, che sembra si fosse fatto portare dalla Chiesa cingolana di San Francesco. Quando penso a questo giardino però, mi piace figurarmelo come appare nell’unica foto che ritrae la sua ormai anziana proprietaria, nonna Pia, ossia come una folta selva di gelsomini, lavande e ortensie. Un luogo dove la vegetazione, lasciata libera di esprimersi, cancellasse le tracce di colui che l’aveva creato.

Bifora dello studio di Donatello Stefanucci

Questo luogo è veramente unico e intriso di arte! E oggi che ho sotto gli occhi il progetto di Donatello, rimango veramente stupita della sua risolutezza nel voler a tutti i costi godere della sua vista e di quella della vicina chiesa di Santo Spirito. Infatti fece abbattere l’alto edificio, ormai ridotto allo stato di abbandono, che costituiva la parte più esterna del palazzo della sua Pia e che gli impediva tale vista e circondò l’area su cui gravava la fatiscente costruzione con un alto muro di pietra. All’interno, ecco che prendeva vita il piccolo hortus conclusus da piantumare e abbellire con bassorilievi rinascimentali.

Glicine

Pia lo lasciava fare, foraggiando ogni suo capriccio, sempre più ammirata e innamorata. Ma quando il loro amore finì, con il passare degli anni la folta vegetazione prese il posto dell’amore e il piccolo giardino divenne per Pia un solitario e intimo rifugio, dove coltivava con amore, ortensie e lavande di cui portava al petto sempre una profumatissima spighetta. Ma per noi che lo viviamo oggi, sembra che il giardino sia stato sempre così, con i suoi reperti antichi nella muratura, invece è il frutto di un preciso progetto, godibile anche a distanza di quasi novanta anni. Di quel primo impianto rimangono a memoria della personalità di Pia e Donatello il ritorto glicine, che corre all’impazzata intorno al muro di cinta e il tasso. Mi piace infatti immaginare che lei abbia fatto piantare il glicine, come segno di benvenuto nella sua casa e lui invece il tasso, come a voler rimanere eternamente presente, considerato che questa pianta campeggia nello stemma cittadino. 
Tasso
Ma chissà come andarono veramente le cose e quali fossero le vere intenzioni, a noi importa solo che questo luogo susciti sempre meraviglia e emozione in chi lo vive. Fortunatamente a questo ci pensa nonna Fiorella, che nipote della nostra eroina Pia, oggi si prende cura di lui e lo fa essere ancora l’unico protagonista assoluto e teatro di serate veramente uniche, a volte intime e familiari, altre mondane e dedicate alla lettura di poesie e mostre di pittura.


mercoledì 23 dicembre 2015

Fioriranno!

Pendio con gigli nel retro di casa
Fioriranno!

Gli iris germanici di Bettino e i 'miei' gigli e giaggioli sono stati piantati! Non tutti hanno però hanno trovato pace. Certo la collocazione lungo la rete non è delle più felici, ma l'unica possibile in questo momento. Mettendoli lì spero di non dover tagliare l'erba con le forbici durante la primavera, perché con le loro foglie occupano ogni spazio vitale. D'inverno sono un po' bruttini: le foglie perdono il loro colore verde brillante e s'ingialliscono. Personalmente le tolgo quando sono secche lasciandoli terminare da soli il loro ciclo vitale.
Di gigli e giaggioli, che qui in campagna si vedono lungo le strade e nei pendii, ne ho a cassette. Cinque anni fa, prima di eliminare il terribile pendio che premeva contro la mia casa, salvai più di cento rizomi. Riguardando le foto del vecchio retro di casa, vedo chiaramente la mano di chi ha piantato quegli iris e oggi, ripiantandoli, è l'unico gesto di riconoscenza che io possa fare. 
Li ho piantati anche se piacciono solo a me! Quella specie 'd'insalata', come la chiama Deni, si prepara tutto l'anno per un'unica e irripetibile fioritura che mi spinge ogni giorno a fargli visita per controllare e pronosticare il tanto atteso giorno in cui sbocceranno. Sono con loro come quando una donna aspetta con ansia il giorno della nascita del proprio figlio: osserva ogni minimo cambiamento e ascolta il suo corpo.
Ah non vedo l'ora di assistere alla loro fioritura, anche perché nella grande confusione prenatalizia e la gran fretta di piantarli, avrò sicuramente confuso qualche pianta e il risultato a questo punto è veramente una sorpresa!
Dovrò aspettare molto, per esperienza so che il primo anno dalla piantagione non fioriranno, dovrà passare l'estate, arrivare l'autunno, l'inverno e poi finalmente ad aprile vedrò il frutto del lavoro di oggi.
Per ora sono solo delle foglie verdi contro una rete metallica!
Ma fioriranno!
Parte posteriore dell'aiuola per gli iris
Parte anteriore dell'aiuola intorno al moro
Gli iris germanici di Bettino

martedì 20 novembre 2012

Io guardo loro

Trovare un foglio e una matita è stato come trovare un ago in un pagliaio. Sembrerà strano, ma quando devo consegnare alla memoria qualcosa di molto importante, mi piace scrivere sulla carta.
Ore 15,15, ho parcheggiato. La corsa tra il traffico è finita, ma solo per il momento.
Ora si aspetta per un'ora. Seduta al posto di guida, tiro un sospiro di sollievo: sono costretta a riposarmi! Alzo gli occhi e di colpo vedo gli enormi ippocastani della via che stanno vistosamente perdendo le foglie. Li ho visti un sacco di volte, ma presa dalla corsa della vita, non mi ero mai fermata a guardarli. Sono maestosi, imponenti, semplicemente bellissimi.
E' autunno.
Piove e noi aspettiamo: Anita fiduciosa graffia con forza il gratta e vinci, Gilda sfoglia Peter Pan, Ceci è a inglese, io aspetto e vedo la loro vita procedere.

lunedì 5 marzo 2012

Una verde eredità


Quando ho comprato la casa dove vivo, 'il giardino' (parola molto grossa) era un'inestricabile selva di rovi, piante infestanti, edera e ortica. I mori centenari con i loro enormi e lunghi rami versavano in un visibile stato di abbandono; abbandono dovuto alla mancanza di forza di colui che per una vita si era preso cura di loro ma che ad un certo punto, esausto, si era arreso difronte all'energia esplosiva della natura. Ogni momento libero lo passavamo a disboscare, sradicare, decespugliare, a portare via carriolate di foglie, legna, sassi, mattoni, mattonelle, sbarre di ferro. E ogni cosa era un pezzo di storia della casa e di quello che un tempo era un giardino di campagna. Con amore catalogavo nella mente ogni tassello, per ricostruire la storia di quella che avevo scelto come casa. Tra l'erba cercavo le tracce di una mente che aveva piantato violette, margherite, rose canine e lillà. E come un cane da tartufo cercavo, frugavo tra i cespugli per trovare il bandolo della matassa, per capire il senso di tutto ciò che avevo intorno. Molti segni li ho decifrati col tempo, vivendoci e ripercorrendo quei passi che avevano girato per anni in lungo e in largo in quello che ora era il mio giardino! Non volevo assolutamente cancellare quella antica memoria, volevo conservare intatta quella verde eredità, enorme e preoccupante per le mie forze. Le esigenze di una vita più comoda e sana ci hanno portato a modificare l'assetto un po' selvaggio di quello spazio magico che mi aveva rapito in un piovoso giorno di dicembre, quando per la prima volta l'avevo visto. E adesso mi trovo qua a progettare il mio giardino, che spero non sia una pesante eredità, ma luogo felice, dove la memoria non sia d'ostacolo alla vita.

venerdì 11 novembre 2011

E' nata! ah Bella



























Ah Bella!!!



Così scrivevo il 12 dicembre del 2010, avevi solo un mese e due giorni:









Quando ho saputo della tua presenza stavo vivendo i giorni più tristi della mia vita e tu sei stata un vero raggio di sole! Come se già sapessi che era necessario riempire un vuoto! una mancanza, perdita... Sei nata il 1o novembre lasciandoci tutti con un bel palmo di naso! Si erano fatti tanti pronostici sul fatidico giorno e invece quasi fuori tempo massimo, sei arrivata. Comunque, detto tra noi, passati i Santi e morti per me, ogni giorno andava bene! Oggi potrai dire ma quante pretese!! Comunque ho sempre supposto che dato il tuo nome, 'Gilda', avresti sicuramente fatto un'uscita da gran diva. Già adesso hai la calma e l'aurea che si addice ad una persona speciale e come le tue sorelle, appena nate, anche tu hai già fatto intuire il carisma. Ora ti voglio raccontare come è andata la tua nascita, tralasciando quello che di violento e sofferente c'è nel parto. Mi sono ricoverata alle 8.00 di mattina del 10 nevembre per indurre il travaglio e dopo un'attesa estenuante per il ricovero e un'arrabbiatura furibonda di tuo padre, finalmente alle 16 mi hanno indotto per la prima volta il travaglio. Assegnato il letto in sala travaglio, la prima cosa che ho fatto è stato guardare fuori dalla finestra per vedere se potevo scappare, te lo assicuro, se non mi fossi trovata al secondo piano, avrei sicuramente saltato giù e via a gambe levate, pancione permettendo! e mentre abbandonavo 'gli abiti civili' per una camiciola collaudata più volte, meditavo la fuga dalla porta, si da quella fatidica porta, dove a caratteri cubitali c'è scritto SALA PARTO. E li dentro, un vero girone dell'inferno, ti devi sentire i lamenti di tutte e in tutte le lingue del mondo! c'è veramente da farsi una cultura!!! Non mi piaceva per niente l'aria che si respirava, sopratutto dell'osterica di turno che voleva fare la simpaticona , mostrandomi il bellissimo smalto che aveva appena messo. Per me non c'era niente da ridere. Anzi... Per come sono fatta io, che non prendo medicinali nemmeno se sto per morire, sottopormi all'induzione è stata una cosa terribile, innaturale. Ero angosciata perchè così facendo non avrei seguito il corso naturale delle cose, ed essendo il terzo parto, conoscendo l'evoluzione dei fatti, avevo paura di non riconoscere i sintomi. Era come se mi avessero buttato da una montagna senza paracadute. Per non parlare dell'assurdità dell'entrare in sala travaglio, lucida come uno spillo, senza alcun dolore... senza quella bella faccia verde che ti viene quando il dolore è troppo e troppo prolungato. Occhio che non sono masochista è! ma è proprio così, perchè sembrerà strano, ma il dolore fisico che a poco a poco diventa insopportabile è del tutto naturale e aiuta e prepara psicologicamente alla nascita vera e propria e a goderti lo sgravo del peso che ti porti dietro da mesi. Aaah la nascita è come una bella scarica d'adrenalina che per smaltirla ti ci vuole una settimana. Invece ho preso tutto contro pelo! sono fatta così, che ci posso fare. Ho vissuto il travaglio come se stessi fuggendo e la strada fosse improvvisamente chiusa, interrotta; ero in preda al terrore. E tra me pensavo che in quella situazione non mi ci sarei mai più trovata (anche se oggi ti guardo e dico che è valsa veramente la pena e... 'lo rifarei'!!!). Ore 22, cambio turno delle ostetriche e del ginecologo. Arriva un tipo dalla faccia pulita, da bravo ragazzo, età massima 35, Deni mi guarda e dice, chi è? .. il ginecologo. In silenzio pensavamo entrambi la stessa cosa,' Madonna santa quanto è giovane e se qualcosa va storto? do se mette le mani?' (invece tanto di cappello, s'è fatto una bella sudata, ma promosso a pieni voti).



Comunque è proprio vero quello che dice zia Laura, nonchè mia sorella, che di parti se ne intende (cinque meravigliosi figli), che prima si partorisce con la testa e poi con il corpo. Per me è stato proprio così. Ho deciso di farti nascere solo quando mi sono sentita sicura e in mani accoglienti e speciali, quelle di Marina, la stessa meravigliosa ostetrica che, guarda caso, ha fatto nascere anche Anita. Quando tutto mi sembrava impossibile e si prospettava una seconda stimolazione, tra dolori innaturali, lancinanti ecco che spunta LEI, Marina. Oh mio Dio è lei o non è lei, 'Deni va a vedere se si chiama Marina'. In un attimo, proprio quello di cui avevo bisogno di sentirmi dire, 'si è Marina'. Salutateci e riconosciuteci, per lo meno io, le ho dato appena il tempo di cambiarsi che si sono rotte le acque e in 40 minuti sei nata!



Credo che Marina abbia dei poteri speciali, con la sua calma, tranquillità e professionalità, mi ha trasmesso una forza soprannaturale senza la quale non sarei riuscita a farti nascere! In momenti così particolari e a volte unici nella vita, non è indifferente la presenza delle persone che ti assistono. Con lei ho sentito che potevo farcela, mi sono abbandonata alla natura e come tutti gli animali che si rispettino, ho partorito sapendo che eri in mani sicure, quelle di Marina, che ti avrebbero presa e appoggiata su di me.



Tutte le persone a me care partecipavano alla mia enorme fatica, se fosse possibile l'aggiungerei tra quelle di 'Ercole' (anche se masculo). Papà al mio fianco, preoccupatissimo per il mio stato d'animo, le nonne a casa mia che 'core core' si facevano forza insieme a Cecilia, la mia primogenita e Anita, la secondogenita. Cecilia, mi hanno detto, che dalle 22.30, (ho partorito alle 23.08) urlava, piangeva ininterrottamente e mi voleva, perchè, pur non sapendo l'evoluzione degli eventi, sentiva che stavo malissimo e non sapeva come aiutarmi.



Vedi Gildoletta mia, tra madri e figli c'è sempre un legame sottile ma fortissimo, fatto di vibrazioni, che va aldilà del contatto fisico; è un'energia che non si può scindere in nessun modo! Esiste e basta.



Cara Gilda, sei piccola, ma da che sembravi fragile e indifesa (per nascere ti sei rotta la clavicola destra), stai invece dimostrando di essere forte e piena di vita! Ma soprattutto sei bellissima; chissà se il nome 'Bella', che spontaneamente avevo pensato per te quando ti ho vista per la prima volta dall'ecografia, sarebbe stato più adatto di Gilda?




baci mamma tua











giovedì 7 luglio 2011

E' questione di stile

Spero di non perdere il tono leggero e spensierato che contraddistingue queste pagine, ma la questione mi sta molto a cuore.


Pannelli fotovoltaici!!!!!


E se un domani asprissi la finestra della mia camera da letto e non vedessi più l'uliveto, i girasoli e la vigna dei famosi vini di Fazzi e Battaglia? ma una distesa abbagliante di pannelli fotovoltaici? aiuto....



potrei morire. Purtroppo questo capita molto spesso nel nostro territorio e il grido di disperazione e di orrore di chi un tempo godeva di una vista amena è purtoppo senza ascoltatori. Quando percorro le strade che da casa mia, San Marcello, arrivano al mare, o semplicemente prendo l'autostrada per andare all'Ikea, non so dove guardare, dove far riposare lo sguardo perchè non c'è tregua. Le nostre belle colline sono diventate di alluminio, tutte luccicanti, argentate, ferrose, diserbate, maledettamente brutte, in virtù dell'energia pulita! All'anima!!! mi viene da pensare a quanti cumuli di ferraccio lasciamo ai nostri figli da smaltire, riciclare, distruggere; a quanta altra energia occorrerà per rimettere in circolo tutta la ferraglia occorsa per far accendere le nostre lampadine? Chi verrà più a visitare le nostre città d'arte, le nostre cantine di vini, il nostro mare, le nostre colline, considerato che lungo l'autostrada, nostro biglietto da visita, non si vedono altro che impianti fotovoltaici? Allora svegliamoci. Pannelli si, ma dove non si deturpa il territorio. Unico nostro patrimonio, di cui molti si vantano, ma poi sotto sotto acconsentono all'istallazione di grossi 'parchi solari'. Educhiamoci e di conseguenza i nostri figli a non sprecare la corrente, a non alzare la temperatura dei termosifoni, ma a mettersi una maglia in più, a sopportare un po' più il caldo, rinunciando all'aria condizionata. Questi sembrano discorsi assurdi, quelli di mamma che dalla cucina grida, 'chi ha lasciato la luce accesa in bagno'? spegnetela! Come si suol dire tutto fa brodo!


Chi fosse interessanto a questa questione può visitare il sito http://www.colline/ in fiore.com

sabato 17 aprile 2010

caro Tricky


Ebbene si, è proprio da te fare scherzi da prete!

Ti sei mangiato una pallina di gomma e patatracchete sei morto!

Fino a pochi giorni fa, è passato solo un mese, non riuscivo neppure a pronunciare la parola "morto", dalla sofferenza e dal dolore che provavo. Oggi va un po' meglio, anche se mi manchi un bel po'.

Eri il mio canulino, mi piaceva la tua puzzetta fina, che cercavo come un cane da tartufo nella testa, il peletto vellutato nelle orecchie. Vecchio bracco, quattordici anni intensamente vissuti insieme, ne abiamo viste di bufere, ma ci siamo anche molto divertiti. Certo che mi hai dovuta sopportare! che vuoi, volevi solo onori e lussi? qualche onere lo dovevi pure pagare.

Oggi, ripenso a quanto eri matto, si "matto Tichi", come diceva Anita, perchè oggi mi guarda e dice "Tichi motto!". Anche moribonbo pensavi a mangiare, il cibo era il tuo demone e sei morto per questo. L'ho sempre pensato che il cibo ti avrebbe ammazzato, e si è verificato. Hai vissuto da re e sei morto con la dignità che gli si confà. Bene, bravo Tricky! Peccato per noi, che ci rimane solo la tua poltrona vuota. Però è stata rimessa a giro, nel senso che, tolti i drappi reali, sono stati sostituiti con un copriletto degno di stare li. Era il copriletto del letto di mia sorella, prima del fatidico passaggio alla cameretta nuova con i due letti arancioni, disegnati da mio padre e fatti realizzare dal suo falegname, Cudini. Un tipo alto, magro che profumava di legno, con un mozzicone di matita nell'orecchio. Chissà se è vivo, credo di si , altrimeni mio padre me lo avrebbe detto. Andare da Cudini era una delle rare mete raggiunte insieme a mio padre. Quindi lo associo sempre a qualcosa di bello e di inaspettato.

Ciao, caro tricky